GLI ALIENI DI GEDDO

Geddo01_musicaintornoSiamo in viaggio. Ogni disco vale una fermata, ogni canzone un approdo, un atterraggio, ogni passo un assaggio, e il valore dell’opera misura il tempo necessario ad ogni ascolto.

Perciò, eccoci. Fermi da oltre un’ora su Alieni, il nuovo progetto di Davide Geddo.

Siamo a chiederci cos’altro sia la buona autoproduzione se non la mancata occasione per produttori improduttivi.

Fra gradevoli echi di Fossati e Locasciulli, di Audio2 e Bennato, lampi funk in un pop confortevole e confortante, fini aperture armoniche e azzeccati arrangiamenti (riconducibili anche al Pani del Bula Bula di Mina nel caso di Un altro giorno), ci sentiamo a nostro agio in un ritratto d’autore che, nonostante le citazioni sopra, non manca di presentarsi con un carattere del tutto personale.

14 tracce per descrizioni schiette degli alieni, gli altri: personaggi diversi, complicati e leggeri, solitudini e strade condivise, mondi virtuali e robot, illusioni e disillusioni, realtà di anime.

Chiaro, titolo di apertura nel cui ritornello ripeschiamo un poco della Trovato di Non ho più la mia città, ci sembra la perfetta presentazione del disco, che difficilmente può risultare equivocabile: ogni sua parte è concepita per filare senza complicazioni, chiara.

La gamma di impressioni che l’alchimista ligure riesce a filtrare, combinare insieme nel suo terzo disco è, ad un tempo, sorprendente per dose e per capacità di mantenere omogeneità nel risultato finale.

Lampi di settembre, che sgambetta felicemente sulla forza del flauto traverso (Francesca Rapetti) in una scrittura scintillante, è subito bilanciata da Cammina cammina, irrinunciabile country folk cantato in duo con Alberto Visconti, una ballata per attraversare spazi ed esperienze, incontrare profili su un’armonica (Enrico Testa) ed un violino (Fabio Biale).

Alieni, narrato con gusto nei testi ragionati, è uno sguardo cantautoriale libero che, non preoccupato di perseguire una uniformità di stile e genere, in una indagine a 360° regala un piacere innocente al tempo che gli dedichiamo.

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Non manca l’amore. La sua dichiarazione è nel “quadro elettrico” di Chloe.

Riconosciamo, invece, l’impegno nei versi della raccolta Non dirmelo – dove la poesia ci pare essere bene rappresentata in “ma perditi appesa alle parentesi di baci catturati nella rete” – e nella coinvolgente Briciole. Due canzoni nelle quali Geddo non rinuncia comunque a quell’unico fil rouge che lega le une alle altre le costruzioni dell’album: una immediatezza fresca delle intenzioni, mai taciute.

Chiude Oro e sangue, appagante delicatezza in cui finiamo quasi per sentirci clandestini nell’intimità dell’autore che, ne siamo certi, ritroveremo sul nostro sentiero, in un’altra stazione.

 

 

Giuseppe Sanalitro

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