ENRICO RUGGERI. UN ROMANZO, UN TOUR, UN VIAGGIO INCREDIBILE

Enrico Ruggeri1_musicaintornoUna ballad evocativa e trascinante che narra dell’impresa di D’Annunzio, attraverso sensazioni raccontate in prima persona durante quel raid su Vienna; uno spettacolo teatrale appena concluso e un tour estivo pronto a salpare; da qualche parte, nel cassetto, fa capolino l’ultimo romanzo, “Un prezzo da pagare”.

Sono questi oggi i tratti salienti di una identità di artista – quella di Enrico Ruggeri – alla volta di “Un viaggio incredibile”. Che continua!

«Nuovi progetti o rien ne va plus, i giochi sono fatti?» gli domando, tra il serio e il faceto, approfittando di una breve pausa durante le prove.

«Be’ no, speriamo proprio di no,» il cantautore milanese sorridendo, «speriamo che i giochi non siano fatti ancora per un bel po’! Il nuovo progetto è questo: canzoni nuove, sonorità da battaglia, con l’obiettivo che siano sempre diverse da quello che si sente in giro… E poi ancora tanti concerti e il nuovo romanzo che esce il 6 giugno. Siamo davvero carichi!»

E la carica di quel raffinato interprete del rock d’autore scuote il pubblico da Imola a Verona, passando per L’Aquila, Cosenza, Roma. Il due volte vincitore del Festival della Canzone Italiana porta in giro pezzi di vita che evocano hall di alberghi custodite da un portiere di notte, l’eterna infanzia di Peter Pan, quelle profonde emozioni che le donne non dicono a parole ma comunicano a chi ha la giusta sensibilità per comprenderle. Sensibilità umana e artistica – quella di Enrico – che si declina, ora nell’ultimo omaggio al Duca Bianco, ora nella nostalgia del futuro, in cui “l’inconfessabile pensiero può diventare azione”.

E allora, prendi la vita al volo! È questo il monito e la direzione. Buon viaggio e buon concerto!

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Ultima tappa dello spettacolo teatrale e al via il tour estivo. Ancora un viaggio incredibile?

«Un bel viaggio che continua; un album che è arrivato in un momento particolare; siamo usciti da un bel Festival di Sanremo, che ha lasciato un segno. Tutto sta andando molto bene! E poi ancora tanti concerti e… il nuovo romanzo che esce il 6 giugno. Siamo davvero carichi!»

Prima citavi Sanremo, all’ultimo Festival hai presentato “Il primo amore non si scorda mai”. È vero! Poi cos’altro?

«… Il primo concerto che ho visto, il primo concerto che ho fatto; la prima volta che ho attaccato una chitarra a un amplificatore e ho sentito che emetteva dei suoni piacevoli; la prima volta che sono andato a dormire da solo… Ci sono tante prime volte, non solo il primo amore. Ci sono tante situazioni che accadono quando sei molto giovane e che, in qualche modo, ti modificano la vita.»

Esiste anche il rovescio della medaglia. Cos’è che, invece, non vorresti rivedere?

«Sai, un po’ di errori – nella vita – si fanno, soprattutto se fai un lavoro come il mio. Ci sono state, ad esempio, delle persone delle quali mi sono fidato e che, invece, non erano quelle giuste. Nessuno fa un percorso netto nella vita! L’esperienza è anche la somma delle imprudenze che hai commesso. È la vita!»

Enrico Ruggeri3_musicaintorno… E la vita scorre. “Tutto come prima ma su nuove sponde”?

«L’importante è rinnovarsi, non annoiarsi, stupire sé stessi e magari anche gli altri. Giocare sempre all’attacco!»

A proposito di schemi offensivi e difensivi… La celebrazione del rugby attraverso un rock possente ed epico. Stanco del solito calcio?

«Be’ sì, stanco di questo calcio! Il rugby è uno sport fantastico perché è il vero sport di squadra. Se tu ci fai caso, nel rugby, non ci sono le star come nel calcio, ci sono le squadre: gli All Blacks, l’Australia, l’Inghilterra… ci sono le grandi squadre e soprattutto si vince tutti assieme. Nel calcio, invece, può succedere magari che una squadra scarsa giochi in difesa per tutti i 90 minuti; poi fa contropiede, uno scatta in avanti, tira, la mette dentro e vince la partita. Nel rugby è impossibile, vince la squadra più forte!»

Il giocatore entra in area e l’ovale rotea, oltre il confine. Com’è superare la linea di meta?

«È il coronamento di un lavoro! È anche questo l’insegnamento del rugby, che si vince tutti assieme. Un po’ come nel mio mestiere: la gente vede che salgo sul palco a prendere gli applausi, a ritirare un premio o vede il mio nome nelle classifiche… quando, in realtà, è frutto di un lavoro di gruppo, formato da assistenti, manager, band, musicisti, arrangiatori, fonici, datori luce… C’è una squadra dietro

Da un traguardo raggiunto a una scelta possibile: Enrico al bivio. Cosa sarebbe successo se il sig. Ruggeri non fosse diventato quel raffinato interprete del rock d’autore, così come abbiamo imparato a conoscerlo?

«Certamente sarebbe diventato qualcuno che avrebbe ugualmente orbitato attorno alla musica, forse avrebbe fatto il giornalista musicale. Mi piace stare a contatto con il palco.»

Più di un secolo fa Oscar Wilde confessava: “Posso fare a meno di tutto, tranne che del superfluo”. Ai giorni nostri, quell’antica ammissione, potrebbe suonare come “Dio dell’immagine e dell’apparenza, salva l’effimero più dell’essenza”?

«Sì, certo! Quella è la preghiera maledetta del protagonista del concept album “Frankenstein”. Negli anni di Oscar Wilde era diverso, c’era una componente dandy, raffinata. Oggi il superfluo è la bella macchina o il bel vestito. C’è un mondo nel quale ognuno vuole guarire, nessuno vuole invecchiare, vogliamo essere tutti belli. Siamo tutti – chi più, chi meno – condannati dalla società dell’apparenza

 

Gino Morabito

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