THE HANG PLAYER. UN SELVAGGIO IN GIRO PER IL MONDO

 

Marco Selvaggio2_musicaintornoQuando un suonatore di hang incontra la musica elettronica, deep o lounge, all’ascoltatore non è preclusa alcuna gradazione di piacere nella fruizione dell’esperienza sonora. Marco Selvaggio è un hang player errante, nella dinamicità del suo essere in viaggio, sia fisico (è in tournée permanente, tra club, festival e performance in eventi privati), sia concettuale (nella sperimentazione continua di nuove collaborazioni e nella produzione di suoni sempre più capaci di legarsi a mondi prima mai percorsi dall’unicità dell’hang).

 

Qualche cenno sullo strumento non sarà di troppo visto che è uno dei meno diffusi e praticati al mondo. Nato in Svizzera, a Berna, dalla perizia artigiana di Felix Rohner e Sabina Schärer, l’hang è costituito da due semisfere che lo rendono simile a un ufo, o meno poeticamente a una ciambella un po’ schiacciata. Emana un suono caldo e leggero e pur essendo una percussione “metallica”, nulla di nuovo rispetto al panorama degli strumenti, è uno strumento unico nel suo genere, che nasce dalla perizia dell’artigiano che nel plasmare l’oggetto-strumento, ne determina di fatto la natura e l’esito musicale. Polso, dita e palmo della mano, queste le “bacchette” (anche se c’è chi le impiega davvero) usate. La sensazione per chi osserva, spesso rapito dal flusso ipnotico dello strumento, è quella di un accarezzamento, certo con tocchi puntuali e decisi, che forse banalmente lasciano intuire una certa vitalità del metallo così forgiato, per esser ancora manipolato. Può ricordare l’arpa, le campane, un pianoforte, una percussione, ma ha in sé una gamma di suoni: l’attributo del flusso e dello scorrere, non meno del tintinnio e del fruscio e…

Marco e il suo hang suonano in giro per l’Europa e per il mondo, soprattutto in club e teatri, sia con la sua formazione, sia come solista. Ha collaborato a diversi progetti discografici e live, con artisti nazionali e internazionali. Si è esibito suonando dal vivo con Arisa, Cesare Malfatti, Anne Ducros, Daniel Martin Moore, Mauro Ermanno Giovanardi, Erica Mou, Roy Paci, occupandosi di aprire diversi concerti e “prestando” il suono del suo hang a svariati progetti artistici, non ultime le tracce usate per alcune trasmissioni televisive delle reti SKY e Mediaset. Ha all’attivo quattro Ep di elettronica, lounge e sperimentale e un album “The eternal dreamer”, coprodotto per la Waterbirds Records da Simona Virlinzi e Midulla Nica. Nell’album brillano le collaborazioni di Davide Combusti, il The Niro assai noto nella scena romana e non; ma non si contano i contributi, che rendono l’album un insieme eterogeneo ed etereo. Da Anne Ducros a Dan Davidson dei Tupelo Honey, al folk di Dainel Martin Moore o al pop di Sidsel Ben Semmane, danese partecipante all’EUROVISION.

 

Il nostro Selvaggio è di nuovo in partenza. Il 13 maggio a Udine; il 18 e 19 maggio a Milano; il 27, 28 e 29 maggio a Beirut, in Libano e il 3 e 4 giugno a Panarea. Queste le sue date imminenti.

Marco Selvaggio3_musicaintorno

Ma cosa rende questo artista capace di girare così facilmente il mondo con la sua musica. Come mai si avvicina più all’estero lasciando la sua Sicilia indietro?

Marco, attualmente, è l’unico al mondo che sperimenta il suo dell’hang dal vivo sulla musica house ed elettronica, nonché chill out/lounge. Questa esclusiva lo porta ad essere richiesto soprattutto all’estero dove perdura una cultura musicale più elevata e dove sia teatri che club investono nell’arte. Marco approderà a fine mese a Beirut, in Libano. Il Medio Oriente dietro casa lo sta già aspettando a porte aperte e il nostro artista non vede l’ora di mettere piede sul suolo libanese. Suonerà durante una cerimonia nuziale che sa di evento, uno di quelli curati dalla Strawberries & Champagne di Jessy Karam; perché Selvaggio è anche uno dei pochi, se non forse l’unico che ha valorizzato le melodie ed i suoni dell’hang, rendendoli appetibili per molti wedding planner. Ancora uno spostamento e poi l’Iris Club, uno dei locali con le terrace più suggestive di Beirut.

 

Augurargli buon viaggio è un modo per aspettarne il ritorno, accompagnato da quei suoni che saprà trarre da originali percorsi e visioni. Un’estate ricca di date e, infine, l’autunno, con un nuovo progetto interamente strumentale e, ça va sans dire, con moltissima sperimentazione.

 

Giuseppe Piana

 

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