“NO HUMAN DREAM”, STEFANO MELI

No human dream 01_musicaintornoNO HUMAN DREAM (Seltz Recordz, 2017) è un disco strumentale. Un disco sulla consapevolezza e sul tentativo di riconciliarsi con se stessi. Un disco che vuole sottolineare l’importanza del silenzio contro il rumore degli uomini, in un mondo che ha decretato la morte dei sogni, dell’intelletto e della fantasia (da questa considerazione, il titolo).

Registrato in parte dallo stesso Stefano Meli, in presa diretta, al Little Lost Cat Studio Recording, piccolissimo studio disperso nelle campagne siciliane, in estrema solitudine con una vecchia chitarra Silvertone Kay del 1959 e una vecchia chitarra Harmony Stella del 1960 e in parte da Carlo Natoli al Phantasma Studio Recording.

NO HUMAN DREAM si avvale della preziosa collaborazione dei Gentless3 (Carlo Natoli al basso e al mix, Sergio Occhipinti al basso e alle Spoken Words, Sebastiano Cataudo alla batteria) e della violinista spagnola Anna Galba (Fratelli La Strada).

No human dream 02_musicaintornoL’iniziale “Petra” ci apre a scenari visionari unici con il taglio chitarristico di Meli in preminenza sul resto degli elementi. La seconda track, che s’intitola “Tree”, ci offre un suono leggiadro che s’avvale dell’aggiunta del violino, che rende la sintesi compositiva più ricca. La seguente “Sonoma” s’avvale – come di consuetudine in quest’album – di un leitmotiv acustico, che deflagra continuamente con sommessa lena…

… sorretta spesso da intarsi musicali che ne connotano una caratterizzazione che vuole trascendere il reale. “Rain” conferma il dato di una cifra stilistica, quella di Stefano Meli, che rende fondamentale il suono della sua chitarra, a mò di possibili affreschi bucolici per un’ideale colonna sonora cinematografica (ci viene in mente “Una storia vera” di David Lynch). La successiva “Noose” nulla toglie e nulla aggiunge all’economia dell’album, così infarcita dagli usuali decori acustici (si pensi nuovamente al violino).

“Desert” ci lascia planare su note dolenti lungo il percorso della sofferenza e del travaglio interiore: un viaggio immaginario di un Io che vuole emergere dall’aridità che lo circonda. “No human dream” è un’altra cascata acustica, che ancora una volta si determina su un eccellente lavorio chitarristico. “Kee” differisce dalle altre canzoni per l’introduzione di uno “spoken”, ossia di una voce che recita un monologo. “Stella” ci restituisce quell’afflato musicale che si basa sull’incrocio tra due chitarre, che continua ad affascinare nota dopo nota.

La finale “After midnight” suggella la bontà di un album che possiede le carte in regola per imporsi nell’odierno panorama della musica di non facile fruibilità, infatti nei dintorni di produzioni alla Egle Sommacal per qualità di talento e non per futile riferimento.

 

 

Giandomenico Morabito

PDFStampa

Related posts