IL BUON MOTIVO DI SAMUELA

Samuela Schilirò 01_musicaintornoA poco più di un anno dall’uscita troviamo ancora valido fermarci a C’è sempre un motivo, il secondo lavoro in studio della cantautrice Samuela Schilirò. Dopotutto, ci sembrava insensato non godere del buono dacché siamo consapevoli di conoscerne la maniera per farlo.

È un’accensione, un motore che si avvia, il suono che inizia il nostro ascolto. Nella vibrazione ne proviamo a leggere il rapido percorso che unisce la nascita goriziana con le origini siciliane della Schilirò. In verità con Il cammello sopra il tetto l’autrice va cercando, da una parte, un equilibrio interiore in nome dell’amore – mi sono fatta male… / per salire, spesso si scende giù nel buio più profondo… /lancio nel vuoto il dolore che ho nel petto… –, mentre, dall’altra, trova una identità musicale che lascia scorgere all’orizzonte un album intero di statura: una luce decisa, svuotata dal surplus del debuttante, ci indica che al di là dell’entrata è una promessa priva di esitazioni o lungaggini formali, alla maniera che conoscemmo già con la Consoli dei primi anni, per lo meno nello spirito.

Omonima del disco è la ballata che segue, considerazione introspettiva sul dolore e il suo contrario: ho visto che anche il sole riscalda solo quando sto meglio… / … ci fa vivere quello che ci uccide… /il tempo non ritorna indietro mai, e quello che rimane è solamente ciò che sei. Una vera filosofia, C’è sempre un motivo, un modo di sentire con cui, nemmeno troppo velatamente, la cantautrice esprime il suo interesse per una precisa esperienza mistica: quasi un marchio il sufismo praticato nei testi.

Samuela Schilirò 02_musicaintornoAll’impertinenza dei la, la, la, la… è in Vai che, invece, scopriamo la sintesi della donna che è contenuta nell’artista: sò soltanto amare. Ci agganciamo all’alieno Madonia, da qualche parte nel felice arrangiamento.

L’album, a proposito, gode di suoni cristallini, dosati con mano e cervello propri di chi desidera esporre bene, su tutti il polistrumentista Denis Marino. La forza e la rabbia di alcune pagine non di rado cedono il passo alla calma dell’acustico. Sebbene predilette risultino linee melodiche di facile cantabilità, non si avverte per esse mai il rischio di quella prevedibilità che scade in banalità.

Sulla morbida linea del basso di Michele Musarra si muove, invece, l’elegante Da portare a casa in cui cogliamo immediatamente l’invito: guardami. Proprio fissando, più qui che in ogni altra traccia delle 10 che compongono l’album, riconosciamo la fisionomia della voce, l’aspetto sincero di un timbro che, per fortuna, non ci riesce di associare ad un altro. Nessuna caricatura, insomma: Samuela è Samuela e questo vale.

Semmai, via via che il nostro ascolto prosegue, sono la scelta di alcune strumentazioni e di un gusto che ci sembra giusto ricondurre a un’appartenenza, a un modo di fare musica, a quella che ormai deve considerarsi una scuola siciliana – né più né meno di quelle più celebri genovese, milanese, romana e partenopea – e che trova illustri seguaci in tutti coloro che dagli ‘80 si sono riconosciuti tali guardando a Battiato. La scelta elettronica di Se avessi tempo ce lo conferma, nonostante l’ingenuo impianto generale. Ma è un compromesso ideale a garanzia del desiderio cantato, bisognoso di leggerezza: baciami ancora come se fosse l’ultima volta al mare/… come se avessi tempo per respirare/… come se avessi tempo.

Samuela salta felice da un quadro all’altro, primaverile al punto da riuscire a farsi correre dietro in un unico respiro quando è il momento di chiedere perdono in Niente che non sia tutto: il meglio del disco si apre quando già pensavamo di esserne stati testimoni nelle tracce precedenti. Energia! Cediamo, perciò, alla provocazione e quando la nostra ci viene incontro con non chiedermi niente che non sia tutto/non prenderti niente che non sia tutto, finiamo per abbracciarla e optiamo per completare la storia che ancora ha da narrarci.

Siamo al ritratto Ascoltami, una dichiarazione d’amore che, per meglio giungere a destinazione, non tenta in alcuna maniera una lettura per mezzo di complicazioni letterarie troppo ragionate. Il vestito che ne risulta è un delicato tessuto in cui la chitarra slide interpreta perfettamente l’intenzione che ne maturiamo: lasciarci andare nell’intimità di ogni piega trovata. Ne usciamo con una domanda: cos’è l’amore se non una carezza?

Samuela Schilirò 03_musicaintornoQuando in La strada giusta l’artista ci rivela di essere giunta ad una conclusione, noi, in perenne ricerca di noi, finiamo per rallegrarci per lei: ora lo so qual è la strada giusta/ora lo so che quel che ho mi basta. Non riusciamo a darle torto messi anche a conoscenza della sua recente apertura dell’ultimo live di Niccolò Fabi al Metropolitan di Catania. La strada è giusta, non c’è dubbio. Nonostante nella inaspettata ribellione finale di una chitarra scopriamo il punto interrogativo che sappiamo pendere su ogni certezza. Osserviamo, d’un colpo, una insistenza dei toni maggiori. Non sappiamo dirvi se sia più casuale o voluto, ma riconosciamo che la particolarità infonde all’intero album una solarità non comune che, in qualche maniera, riesce a spiegarci la luce che eravamo stati bravi a cogliere con la traccia d’apertura.

Il rock, la cui anima era stata custodita con misura nella prima metà del disco, torna in Mantra: un volersi mettere in guardia attraverso una preghiera declamata in cui è lasciato spazio anche alla voce di Burhanuddin Herrmann, riferimento spirituale della musicista.

Come sei è un’altra ballata, profonda: l’incontro con la consapevolezza del possibile quando mutato nella malinconia dell’impossibile. La pesantezza dell’essere nella nostalgia.

Un motivo per tutto e uno spazio per ogni cosa.

 

 

Giuseppe Sanalitro

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