“TERESA CANTA PINO”, UN GRANDISSIMO NUOVO ABBRACCIO DA PARTE DEL “SUO” PUBBLICO

Teresa De Sio“Solamente il punto di vista dei cretini potrà farmi veramente molto male”, ribatte la cantautrice dal banco di Musica Intorno.

Dal confronto con Teresa De Sio, emergono – prepotenti – l’“indipendenza intellettuale”, la passione e l’intelligenza di una donna, ancora prima di un’artista, capace di guardare al mondo con gli occhi di una “pazzia rivelatrice”; quella pazzia, da sempre cantata e che incanta, dello “jammone”, come lei stessa definisce l’amico e collega Pino Daniele.

Nei confronti della “Nanninella” degli esordi un omaggio “devozionale” a quel “contadino con l’aratro che ha tracciato un solco” nella musica.

“Teresa canta Pino”, dunque, il progetto discografico che riporta l’autrice di “Voglia ‘e turnà” alle origini legate al folk e alla musica popolare. Con forza e convinzione. Il risultato?

Un grandissimo nuovo abbraccio da parte del suo pubblico.

Teresa De SioTeresa canta Pino è un disco “devozionale”, nei confronti dell’autore di quella “Nanninella” degli esordi che incontra’o jammone. Nel tuo percorso umano e artistico, qual è la lezione più importante che ti ha trasmesso quel capo?

«Ritengo che Pino sia stato un apripista per molti musicisti; credo sia stato il primo musicista a Napoli, dal dopoguerra, ad aver rivisitato la musica napoletana, rifondandola in qualche modo. Spesso dico che penso a lui come a un contadino con un aratro, che ha tracciato un solco, e poi in questo solco molti altri musicisti hanno messo il loro seme, ognuno facendo in seguito nascere la propria personalissima pianta. Sicuramente anche la mia pianta è nata da quella traccia lì.»

Tu, invece, cosa pensi di avere trasmesso di te?

«Per chi ha avuto la pazienza di seguirmi in tutti questi anni, in cui il mio tragitto è stato così variegato, ellittico e poco prevedibile, mi auguro di essere riuscita a comunicare una indipendenza intellettuale: una certa indipendenza di pensiero in una indipendenza di produzione musicale, che ha reso possibile il percorso che volevo avere: cioè, non rimanere legata agli esordi; non sedermi sugli allori e sulle glorie discografiche degli anni Ottanta, ma cercare sempre qualcosa di diverso e di nuovo per migliorare, prima di tutto me stessa come essere umano, e poi come musicista.»

“’O scarrafone”, uno dei brani più significativi scritti da Pino, ha come idea di fondo la capacità di ognuno di riuscire a trovare il proprio posto nel mondo. Tu l’hai trovato, Teresa?

«Sì, l’ho trovato perché l’ho cercato, è chiaro! Come è chiaro che si tratta di un posto meno facile da frequentare, rispetto a chi segue il mainstream; però, una volta trovato, ti dà un sacco di soddisfazioni.»

Teresa De Sio

Quali difficoltà hai incontrato durante la ricerca?

«Quando si inizia un percorso molto giovane, com’è capitato a me che a vent’anni ero già in vetta alle classifiche, poi succede che le persone si attaccano a quell’immagine di te, magari a quella determinata canzone (come a me è capitato con le canzoni di quegli anni, “Voglia ‘e turnà”, “Aumm aumm”, canzoni a cui devo moltissimo e che amo profondamente), aspetto che diventa un limite; un argine oltre il quale non si può andare, perché la gente si aspetta che tu faccia sempre quelle canzoni lì, per tutta la vita… Io non ho mai voluto, o forse non ho mai saputo seguire la corrente, facendo sempre come ritenevo più opportuno: dopo il grande exploit con il pop, ho cominciato a collaborare con artisti come Brian Eno, Ivano Fossati, Fabrizio De André… per poi ritornare, soltanto negli ultimi 10 anni, con forza e convinzione, alle mie origini legate al folk e alla musica popolare. E tutto questo mi sta dando un grandissimo nuovo abbraccio da parte del pubblico.»

Tra le ultime collaborazioni c’è anche quella con Niccolò Fabi, “un artista che ha la schiena dritta, che non si piega”. Niccolò condivide con te l’unico pezzo in italiano presente nell’album, “Un angolo di cielo”. Perché la necessità di inserire anche la sua voce?

«Niccolò è veramente un artista “puro”; un artista che avrebbe portato nella musica di Pino, all’interno della mia versione della sua musica, quel fattore “bianco”, di razza bianca, che allarga maggiormente i confini della bellezza della musica di Pino.»

Teresa De SioPino cantava “Je so’ pazzo”, il grido liberatorio di chi guarda al mondo con gli occhi di una pazzia rivelatrice. A te che cosa ha rivelato?

«Mi ha rivelato, ad esempio, la possibilità di intraprendere un percorso autonomo; ci vuole un po’ di pazzia per sottrarsi alle regole del business, della manipolazione discografica… ci vogliono incoscienza e pazzia. La pazzia, la considero da sempre come una visione altra della vita, una visione altra della realtà delle cose; e le visioni laterali sono sempre portatrici di novità, di un nuovo immaginario.»

Chiude l’album “Napule è”, un inno da cantare a più voci, affidato – come testimone di speranza – alle nuove generazioni. Quale futuro stiamo costruendo?

«(Sospira) Stiamo costruendo un futuro, che – a seguire il corso del nostro operato – sarà molto duro e triste. È necessario che le nuove generazioni prendano consapevolezza di cose oramai considerate perdute, andate, naufragate… nel mare del consumo, dell’apparenza; del voler essere primi a tutti i costi. Si può vivere benissimo una vita da quarti o da quinti, finché non vengano meno, però, la dignità e l’intelligenza; l’intelligenza è l’unica arma che ci potrà salvare. Tempo fa scrissi in una canzone, che si chiama “Io non ho paura”, un verso che per me è molto importante, recita: “Solamente il punto di vista dei cretini potrà farmi veramente molto male”

Ci congediamo dall’artista con una nostra particolare “devozione”: “Voglia ‘e turnà” compie 35 anni dalla pubblicazione. Cosa consiglierebbe la Teresa del presente alla Teresa di allora?

«(Sorride) … Di godersela un po’ di più! In quegli anni ero talmente occupata, così presa da quello che stavo facendo, da non riuscire a godere del momento… Di godermela di più, dunque, e di riuscire a prenderla con un po’ più di leggerezza; leggerezza, che spero in questi anni stia riuscendo a recuperare, perché me la merito.»

Oggi dove ti piacerebbe ritornare?

«Mi piacerebbe tornare sempre in un luogo vicino al mare. Silenzioso, fresco e pieno di sole.»

 

 

Gino Morabito

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