PINOCCHIO & CO, IL VIAGGIO DI EDOARDO BENNATO NEL NOSTRO “BELPAESE DEI BALOCCHI”

È risaputo che è rivoluzionario, visionario nel suo essere artista e che racconta – come nessun altro – storie popolate di personaggi che, dall’immaginario collettivo, sono entrati in profondità nel tessuto sociale del nostro “Belpaese dei balocchi”.

Edoardo Bennato canta i versi di Pinocchio, Mastro Geppetto, il gatto e la volpe, la fata Turchina e – quelle che “sono solo canzonette” – sbancano ai botteghini e arrivano dritto alla gente, senza retorica né didascalicità.

Dopo i sold out dello scorso anno, il cantautore napoletano porta “Pinocchio & Co” nei teatri più importanti d’Italia: Napoli, Milano, Roma, Catania… Quasi tre ore di musica, video e interazione con il pubblico a rendere il concerto non una semplice esibizione, ma una vera e propria esperienza emozionale. On stage l’ormai consolidata formazione composta da Giuseppe Scarpato (chitarre), Raffaele Lopez (tastiere), Gennaro Porcelli (chitarre), Roberto Perrone (batteria), Arduino Lopez (basso). E a completare il quadro di grande musica il “Quartetto Flegreo”, formatosi a Napoli nel 2002.

Un viaggio, di città in città, in cui il primo italiano in assoluto a suonare l’armonica a bocca ci racconta di un mondo fatto di buoni e cattivi, sbeffeggia i potenti, inneggia alla forza umana del popolo… e lo fa passando per il più poetico dei sentimenti: l’amore.

Quello che non sapete, invece, è che le risposte per l’intervista Edoardo le ha scritte di proprio pugno – inchiostro nero in stampatello, ha scattato una foto per inviarmi il foglio e quella stampa l’ho già incorniciata come uno splendido ricordo.

… Penso ai vari Pinocchio, a tutti quei burattini senza fili, ma anche a quelle che sono solo canzonette: metafore attraverso cui ci racconti la nostra società. Forme fiabesche e popolari, dove ognuno ricava la propria morale?

«La formula della favola mi offre l’opportunità di trattare argomenti, magari anche importanti dal punto di vista sociale, tentando di non essere – nel linguaggio adoperato per scrivere i testi – retorico, didascalico o peggio ancora moralistico… A nessuno piace sentirsi fare la morale!»

Ripartiamo dalla satira di “Pinocchio & Co”, ti propongo un gioco: associare delle personalità ai tipi morali dell’immaginario. Chi potrebbero essere il gatto e la volpe? Chi Mastro Geppetto? Chi il nostro Pinocchio? E soprattutto… esiste una fata Turchina da qualche parte?

«Per quanto riguarda il gatto e la volpe, si tratta di due imbonitori, malfattori… impresari senza scrupoli che giocano sulle aspirazioni artistiche dei giovani, per trarne il massimo profitto. Geppetto è un anziano artigiano che è andato in pensione in barba alla legge Fornero. Il burattino, che perde i fili pensando di avere trovato la libertà, si rende conto che i guai cominciano proprio quando da burattino diventa bambino: “Buffoni e burattini la guerra non la faranno mai!”. La fata Turchina (metafora della condizione femminile) ha ancora il suo bel da fare!»

Sono solo canzonette, eppure sbancarono San Siro all’epoca, fornendoci un perfetto quadro della società di quegli anni. Il tessuto sociale italiano del nuovo secolo, da quale “magica poesia” potrebbe oggi essere rappresentato?

«A dire il vero, canzonette a parte, il brano “Pronti a salpare”, che tra l’altro ha vinto il Premio Amnesty 2016, credo la dica lunga sul tessuto sociale – non solo italiano – dei nostri tempi.»

È ancora possibile in Italia pensare a una musica “concettualmente impegnata” o dobbiamo rassegnarci ad artisti la cui musica nasce e muore all’interno dei talent show, senza lasciare traccia nel futuro?

«Non esiste la musica impegnata, esiste la musica bella ed è comunque soggettiva. Ci sono canzoni catalogate come “impegnate” per il semplice fatto di essere state definite così… e magari non sono nemmeno belle.»

Prima di salutarci, Edoardo, una curiosità estemporanea sul tuo essere artista: è la formazione in architettura ad influenzare la tua musica o la musica a riversarsi nel tuo modo di dipingere?

«C’è sempre stata complementarietà tra il musicista che utilizza l’architetto e viceversa. Dipingere mi ha accompagnato fin da ragazzino, qualcuno – credo Sgarbi – ha definito la mia pittura iper-realismo.»

 

Gino Morabito

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