MODENA CITY RAMBLERS. TRA ALI E RADICI, L’IMPRONTA DI UNO STILE

Modena City Ramblers01_musicaintornoIl nome è un omaggio ai Dublin City Ramblers, un gruppo di “liscio irlandese”, senza dimenticare le radici emiliane. Radici che tengono ben saldi, sostengono e ricordano; assieme alle mani, metafora di chi vuole conoscere, incontrare, sperimentare nuovi linguaggi. È stato pubblicato “Mani come rami, ai piedi radici”, il 10° album in studio dei Modena City Ramblers:

un disco che ben rappresenta il sentire dei Ramblers nei confronti della vita e del loro percorso artistico. Stabili ormai da 7 anni nella formazione attuale, con la voce di Davide “Dudu” Morandi, Musica Intorno ha intervistato il cantante del gruppo, in uno straordinario confronto sul senso dell’incontro, della collaborazione, dell’impegno, della libertà, della passione… che fanno di una band i Modena City Ramblers.

“Mani come rami, ai piedi radici”: un titolo metaforico a rappresentare la voglia di conoscere e incontrare, di sperimentare e intrecciare stili e linguaggi. Nuovi incontri sì, ma senza espliciti riferimenti all’attuale contesto sociale?

Modena City Ramblers02_musicaintorno«Sì, senza quelli espliciti… riferimenti ce ne sono, poi ovviamente – come sempre capita – ognuno potrà trovare all’interno della stessa canzone differenti letture. Diciamo che per noi questa è la sfida da raccogliere e la novità, rispetto agli ultimi lavori che abbiamo proposto: l’album di inediti prima di questo è un doppio cd con storie ben precise, caratterizzate, difficili da fraintendere. Con questo disco, invece, abbiamo lavorato in maniera diversa, proponendo delle canzoni che – all’apparenza – sono sicuramente più leggere, più ariose e possono essere interpretate in vari modi; però i riferimenti all’attualità, a tutto quello che succede intorno a noi, è inevitabile che ci siano, solo un po’ più nascosti. Abbiamo avuto di certo più libertà, stando però molto attenti a quello che si scrive.»

… A proposito di libertà, quali sono state, invece, le limitazioni nella produzione dell’album?

«Ci siamo sempre mossi all’interno di determinati parametri, perché è comunque un disco dei Modena City Ramblers, e il percorso è quello; diciamo che abbiamo avuto modo di sperimentare dal punto di vista delle sonorità, non soltanto dei testi. “Mani come rami, ai piedi radici” è un disco con una genesi molto particolare: è da un anno che ci siamo ritrovati in sala di registrazione, cominciando addirittura alla fine del 2015. Molte canzoni, ad esempio, avevano un testo in inglese, all’origine: poi sono state rielaborate, rimasticate e risputate fuori; e anche a livello delle sonorità, credo che se ne possano trovare di quelle americane (che da anni portiamo avanti), ma anche delle sonorità diverse: c’è, ad esempio, il pezzo con i Calexico, che è molto influenzato dalla presenza della stessa band statunitense, così come pezzi che possono risultare un po’ “strani” per un gruppo come i Modena City Ramblers. Di libertà ne abbiamo avuta! Tante limitazioni non ne abbiamo trovate… solo, giunti al momento in cui bisognava quagliare, in vista del risultato finale, molte canzoni – come dicevo prima – dall’inglese sono tornate all’italiano, sono tornate a casa. Forse, questa piccola limitazione l’abbiamo sentita, ma è una limitazione che abbiamo voluto.»

Prima, Davide, citavi i Calexico… Perché proprio loro?

«Beh, sono una band che da anni ammiriamo, una band che a noi piace molto; hanno soprattutto un modo di approcciare la musica che è davvero nelle nostre corde. Era uno di quei gruppi con cui noi volevamo collaborare; siamo andati a trovarli, quest’estate, quando hanno suonato a Bologna; abbiamo chiacchierato un po’ alla fine del soundcheck, proponendo loro di fare un pezzo assieme, e ci hanno detto sì. Alla grande! È stato un modo molto semplice di approcciarsi alla musica; atteggiamento che noi stessi assumiamo, quando viene qualche artista, magari meno noto di noi, e ci chiede: “Ragazzi, vorreste collaborare?”. Ecco, ai Modena City Ramblers, piace fare musica in questo modo.»

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Per quanto concerne “My ghost town”, frutto della collaborazione con i Calexico, avete anche pensato alla possibilità di un video del brano, magari dalle atmosfere morriconiane?

«Alla possibilità del video sicuramente abbiamo pensato, ma non è facile. Fare un video dove ci siamo noi e mancano i Calexico non sarebbe il massimo; così come videoriprendersi a distanza e poi montare il tutto, sembrerebbe troppo artificiale… A qualcosa però si può pensare…»

Quali altri video “butterete fuori”?

«Il primo singolo è “Volare controvento”, il cui video ha preceduto l’uscita del disco di qualche giorno; poi sicuramente, più avanti, qualcos’altro faremo. Rispetto agli anni passati abbiamo intenzione di realizzare qualche video in più; stiamo ancora decidendo quali brani buttar fuori, nel corso del tour: l’intenzione è quella di fare due o tre video ufficiali e poi magari qualche altro non ufficiale, ma che abbia comunque il testo. Vedremo…»

La grafica del disco, come per i 6 precedenti lavori, è opera di FolkeyMonkey, pseudonimo dietro cui si cela “Dudu” Morandi. È nato prima il nome dell’album, o l’idea della copertina?

«Sono nati quasi contemporaneamente. Rispetto ad altri lavori, stavolta, abbiamo avuto un po’ di difficoltà a trovare un nome per il disco, che è variegato e con molte sfaccettature: c’erano tante idee e non è stato facile. Poi, siamo stati felici per il nome trovato, che è una frase del brano d’apertura dell’album. Ci piaceva molto quest’idea delle mani, che sono come dei rami proiettati verso il mondo, verso il futuro; mani aperte un po’ a tutto; mani che ricevono luce, ricevono vita. E poi le radici ben salde, che rappresentano la nostra tradizione, la nostra musica; 25 anni di musica che rimangono e ci fanno forti: una sorta di dichiarazione d’intenti, del nostro modo di vedere: siamo i Modena City Ramblers, e continuiamo ad esserlo, anche se proponiamo magari qualcosa di diverso. Poi, da lì è nata tutta l’idea della copertina del disco, con la visualizzazione di quest’albero-mano… Noi siamo dei grandi amanti della musica; quest’anno ricorreva anche l’anniversario dall’uscita di “The Joshua tree” degli U2, un disco al quale siamo molto legati, perché ha segnato la nostra adolescenza e la nostra crescita musicale, e al quale abbiamo voluto rendere omaggio… Per com’è impaginato il nostro ultimo lavoro, la grafica ammicca molto a quell’album. Insomma, è nato il logo di quest’albero, che spero ci porti fortuna, come ne ha portata agli U2.»

Modena City Ramblers04_musicaintorno… 25 anni di Ramblers, l’hai detto!

Citando Paolo Verri: «I Ramblers sono uno stile di vita e di pensiero, che li mette al fianco del loro pubblico, di cui non sono idoli ma amici fraterni.» Sentite ancora calzante questa definizione?

«Assolutamente sì! Siamo ancora il gruppo che puoi trovare sotto il palco prima del concerto, durante no per ovvi motivi – sorridendo Davide –, e poi dopo.

Nonostante l’età ci porterebbe verso altre strade, perché è sempre più difficile, soprattutto il giorno dopo – continuando divertito -, siamo ancora quelli che spesso chiudono il locale; ancora chiudono la festa, rimanendo lì a bere un po’ di birra, magari in compagnia delle persone che sono venute a sentirci suonare. Riuscire a fare una foto con noi, o a scambiare due chiacchiere, credo sia una delle cose più facili al mondo; non arriviamo in limousine e non ci chiudiamo in camerino, ripartendo subito dopo la fine del concerto. Ci piace ancora stare in mezzo alla gente e confrontarci con loro, avendo così un feedback immediato di quello che abbiamo fatto e di quello che facciamo: è la benzina più importante per il nostro motore.»

A distanza di 18 anni da quel pensiero di Paolo Verri, com’è cambiata l’Italia ai tempi dei Modena City Ramblers?

«Per certi versi è cambiata in maniera devastante: a volte non ci pensiamo, ma con quella che è stata l’esplosione di Internet e dei social, per quanto riguarda la musica, è cambiato tutto! È cambiato il modo di fare musica, e soprattutto il modo di proporla e di fruirla da parte di chi la ascolta; è cambiato il modo di registrare i dischi; è cambiato il modo di andare a suonare dal vivo, perché purtroppo prima c’erano molte più possibilità di quelle che ci sono oggi: allora c’erano tanti locali dove andare a suonare durante l’inverno, adesso si contano forse sulla punta delle dita. Per certi altri versi – come ci piace ribadire dal palco –, tutto cambia, ma nulla cambia. Molti dei problemi che c’erano allora sono rimasti: erano gli anni di Tangentopoli, della corruzione, della politica che non riusciva a risolvere determinati problemi; erano gli anni in cui si cominciava a parlare degli immigrati… tutte questioni molto attuali, ancora irrisolte. Noi, tuttavia, restiamo fiduciosi e continuiamo a sperare che – prima o poi – qualcosa possa realmente cambiare. Perché l’idea di dover campare senza una luce là davanti, da provare a inseguire, sarebbe davvero dura! Rispetto a questo sentire, ci sentiamo uguali all’operaio, o all’impiegato di banca, o alla casalinga…»

Modena City Ramblers09_musicaintorno… Ma voi, rispetto all’operaio, o alla casalinga, avete uno strumento in più: la possibilità di veicolare dei messaggi anche forti dal palco…

«Ci sentiamo ancora cantori di strada: come una vota i cantastorie portavano le notizie nei vari villaggi, perché non esisteva altro modo per sapere quello che succedeva nel mondo, al difuori del proprio paesello, noi – ancora quello – proviamo a fare.

Ed è ciò che i Modena City Ramblers hanno sempre fatto:

raccontiamo storie, e cerchiamo di raccontarle a modo nostro, senza dare indicazioni e senza emettere giudizi; ognuno poi ascolta la storia e ne trae le proprie conclusioni. A noi basta sapere che la nostra canzone stimola in chi la ascolta la voglia di conoscere, di provare ad approfondire l’argomento: una vicenda su tutte la storia di Peppino Impastato… Si apre tutto un mondo: l’antimafia, l’impegno sociale e civile… È bastata una scintilla. Poi la Sicilia, almeno dal mio punto di vista e dei miei compagni di viaggio, è la terra dove si è visto, nei ragazzi, un netto miglioramento rispetto al passato. Credo che un determinato modo di pensare che hanno adesso i ragazzi siciliani, non dico tutti, ma di certo molti, vent’anni fa non ci fosse. E questo è sicuramente un cambiamento positivo. La Sicilia vale poi il Sud dell’Italia, vale la Calabria, vale la Campania e vale anche il Nord dell’Italia… perché vedere tanti ragazzi del Nord, che si appassionano a queste vicende (e ne abbiamo conosciuti nei campi di lavoro organizzati da Libera), per noi è motivo di soddisfazione; è motivo di speranza in un cambiamento che – prima o poi – potrà arrivare.»

Sentendoti parlare così appassionatamente, pensavo a un “abito” da proporti, una sorta di definizione per il gruppo… Modena City Ramblers: combat folk per la Resistenza, musica per la libertà. Come ve lo sentite addosso?

«È un abito oggettivamente pesante, difficile da portare, ma – inutile nascondersi dietro a un dito – è quello che abbiamo sempre fatto. Parlano le canzoni. È una abito che indossiamo senza sentirne il peso, perché – quando saliamo sul palco – il richiamo di certe canzoni è irresistibile, e le cantiamo poiché evidentemente ci crediamo e le sentiamo ancora nostre. Quell’abito, in quel momento, viene fuori, e lo indossiamo…»

… Ed è un abito con cui vi vedremo “sfilare” – ancora una volta – sul palco del prossimo Primo Maggio?

«È ancora un po’ presto per dirlo, perché come sempre accade sono cose che capitano a ridosso dell’evento… Ti dico, invece, cosa ci piacerebbe fare: quest’anno, ci piacerebbe, sì portarlo sul palco del Primo Maggio, ma a Taranto… Sono anni che ne parliamo, e speriamo che la nostra partecipazione a quella manifestazione si realizzi quest’anno.»

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A proposito di date evocative, Davide, ti propongo di completare un’equazione: I MCR stanno al 25 aprile, come…

«… come il 25 aprile sta all’Italia, al nostro Paese. Forse è un’equazione un po’ forte, ma il senso della risposta è che è imprescindibile. Più che il 25 aprile per noi è proprio tutta quanta la settimana intorno a quella data, in quanto cominciamo a sentire forte il richiamo di quello che è stata la lotta di Resistenza, la lotta per la libertà… come nelle storie che cantiamo in molti dei nostri brani.»

Canzoni on stage: calendario in continuo aggiornamento e già le prime 13 date annunciate, a partire dal 16 marzo da Padova. Tra inverno ed estate, che tour sarà quello dei Modena City Ramblers?

«Sarà un tour – spero e credo – molto lungo: nel senso che partiamo il 16 marzo e continueremo fino alla fine del 2017, con il calendario che resterà aperto per tutto l’anno. La prima parte del tour, ovviamente, sarà al chiuso, quindi nei club; poi, quest’estate andremo in giro per tutta l’Italia e non solo. Porteremo sicuramente le canzoni di questo disco: fra inverno ed estate le voteremo, le cambieremo, quindi magari arriveremo a proporle quasi tutte; e – non riuscendo a stare sul palco meno di due ore – di fianco a quelle canzoni ci sarà tanta altra roba, tanti altri pezzi che fanno parte di quel bagaglio “classico” dei Modena City Ramblers: faremmo fatica a pensare una scaletta senza “In un giorno di pioggia”, “I cento passi”, o “Contessa”.»

Modena City Ramblers05_musicaintornoInfine, una chicca: a quarant’anni dalla pubblicazione dell’album , avvenuta nel 1976, i Ramblers hanno lavorato, insieme agli Shandon, ai Folkstone e ai The Clan, a una cover di “Alla fiera dell’est” di Angelo Branduardi, a scopo di raccolta fondi per le vittime del terremoto che ha colpito le popolazioni dell’Italia centrale. Il dovere sociale di un “topolino”?

«Ebbene sì, noi abbiamo anche il dovere di fare queste cose, io credo.

Purtroppo, non si può sempre fare tutto, ma, quando si riesce a proporre qualcosa che vada al di là del cantare il semplice “shalala shalala”, ben volentieri!»

 

 

Gino Morabito

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