FACCHINETTI-FOGLI ANCORA “INSIEME”, E VINCE LA MUSICA!

La memoria corre a “Spagna ‘82”, a quegli invincibili ragazzi di Bearzot; al goal del 3-0 di Spillo Altobelli contro la Germania e al presidente Sandro Pertini che si alza in piedi agitando la pipa e gridando: «Non ci prendono più!». Alle mani del capitano Dino Zoff che stringono la coppa del mondo… Io allora ero poco più che un bambino ma quelle immagini, quelle voci, quelle emozioni sono vivide nella mia testa.

Ecco la sensazione che ho provato, intervistando Roby Facchinetti e Riccardo Fogli: due amici prima di tutto, due artisti che hanno fatto la storia della musica italiana. Li ascoltavo ancora incredulo, mentre i ricordi passavano in rassegna un repertorio straordinario: Piccola Katy, Tanta voglia di lei, Pensiero, Noi due nel mondo e nell’anima

ogni canzone un goal. E ogni goal un boato del pubblico.

Protagonisti di un imperdibile tour teatrale che li vede nuovamente insieme, sulle note dei successi che hanno conquistato intere generazioni, portano sul palco la loro strabiliante avventura in musica: brani dei repertori da solisti, oltre alle canzoni più celebri di un gruppo con 50 anni di carriera trionfale e a quelle del nuovo progetto a due voci, “Insieme”, con la produzione artistica di Roby Facchinetti e i testi indimenticabili di Valerio Negrini e Stefano D’Orazio. Roby e Riccardo si palleggiano le domande in un bel gioco di amicizia e complicità: ora risponde l’uno, ora un assist servito per l’altro.

L’incontro è una finale, i due amici segnano a più riprese e stravincono. Io mi sentivo come quel bambino che ero quando l’Italia vinse i mondiali dell’’82, con una vocina nella testa che continuava a canticchiare a memoria e sorridevo. Ma, alla fine del confronto, con il Natale per me arrivato in anticipo, non ho potuto fare a meno di chiedermi: con due insieme così… chi fermerà la musica?

 

Energia e sensibilità, modernità e melodia, un cammino fortunato e un lavoro duro per essere qui, ancora insieme. Perché l’esigenza di sovrapporre nuovamente i vostri percorsi?

Roby: «Perché abbiamo dedicato la nostra vita alla musica; la musica è entrata dentro di noi; la musica è la più grande e potente droga che esista. Dato che abbiamo avuto una vita fortunata – musicalmente parlando, crediamo sia giusto raccontare, ripercorrere tutto il nostro cammino. La voglia di salire sul palco non è ancora andata via; quella voglia di raccontarci attraverso la musica, attraverso le nostre storie. Pensiamo di avere ancora delle cose da dire…»

Roby, mi rivolgo ancora a te: cos’è che, inseguendo la tua vita, non riesci ancora ad afferrare?

«Sai, io sono convinto che la canzone più bella la debba ancora fare. Questo è il mio credo. Spero sempre un giorno di alzarmi e fare quella canzone lì, proprio quella, che non ho ancora fatto. Non è presunzione ma sono convinto di poter dire ancora molto attraverso la mia musica: ho dei progetti nel cassetto, alcuni li ho già tolti, altri sono ancora lì che mi guardano sospiranti… Il mio pensiero è sempre e comunque rivolto alla musica. Questo ti fa capire quanto non senta il tempo che è passato, perché fortunatamente mi piace ancora capire e desiderare di avere delle cose da fare oggi, domani e sempre.»

A proposito di traguardi raggiunti, qual è il più bello che avete tagliato? Non mi riferisco solo a quelli lungo il vostro percorso artistico ma anche nel vostro privato.

Riccardo: «Il traguardo è che noi la mattina ci vediamo alle nove e ci abbracciamo. Ci diamo un abbraccio come io abbraccerei mio fratello e, prima di andare a letto, dopo aver cantato insieme per tre ore, dopo aver parlato con i giornalisti e con gli amici, ci riabbracciamo nuovamente e ci diciamo: “Buonanotte fratello”. Questa è la cosa più bella che si possa augurare a un essere umano: avere qualcuno con cui condividere delle emozioni, degli abbracci, onesta complicità e amicizia. Se poi c’è di mezzo anche la musica, quando è sì lavoro ma soprattutto allegria, allora diventa tutto più bello. È questo che ci ha regalato la nostra reunion.»

Riccardo, ogni giorno verso il tramonto arrivano le rondini per bere un po’ prima di rientrare al nido: uno spettacolo della natura per gli occhi e per il cuore. Per cosa provi ancora meraviglia?

«Qual era quel posto dove abbiamo fatto le prove, fratellone?» chiamando in causa Roby «Abano Terme…» ricordando puntualmente l’amico. «Eravamo impigiamati, con due camere comunicanti e Roby stava buttando giù i 10-15 brani per il nostro album ‘Insieme’, con dei testi straordinari di Valerio Negrini…

Gli dissi timidamente: “Fratellone, se trovi una melodia un po’ larga, sulla quale per me sia facile scrivere un testo, dammela, ché ci provo”. Dico sempre ‘ci provo’, perché i testi dei Pooh li hanno fatti Valerio Negrini e Stefano D’Orazio. Così lui la mattina dopo, sempre impigiamati, mi fece sentire la musica de ‘Le rondini’ in un inglese maccheronico e io ci scrissi su il testo; l’abbiamo cantato insieme e ci siamo abbracciati. Questa è l’emozione che può dare il nostro lavoro. Poi, nel tour teatrale che stiamo portando in giro per l’Italia, diventa tutto facile: cantiamo canzoni che hanno venduto milioni di copie, che hanno scritto Facchinetti, Negrini, D’Orazio. Eseguiamo quattro repertori: la struttura portante sono le canzoni dei Pooh: ‘Piccola Katy’, ‘Noi due nel mondo e nell’anima’, ‘Tanta voglia di lei’, ‘Dammi solo un minuto’, ‘Pierre’…» cantano anche le sedie, reinserendomi divertito nel dialogo «poi facciamo alcuni brani del nuovo album ‘Insieme’ e lo vediamo sulle labbra dei nostri fan che è entrato nei loro cuori; dopo proponiamo dei grandi successi di Roby Facchinetti da solo e anche alcuni della mia carriera da solista. È un concerto che non ti lascia mai annoiato sulla panchina.»

Roby, Riccardo, alla luce dei vostri vissuti, come raccontereste i Pooh alle nuove generazioni dei millennials?

Roby: «Mi piace dire che quella dei Pooh è stata una storia meravigliosa, innanzitutto umana; una storia di amicizia, di rispetto, di considerazione. Parlerei così, come spesso mi capita di fare con i ragazzi. Un incontro di lavoro di cinque persone prima, poi diventate quattro, si trasforma in un percorso umano: io stesso ho imparato moltissimo proprio grazie ai Pooh. Subito dopo viene chiaramente la condivisione musicale, perché noi abbiamo amato e – sottolineo – amato molto la nostra musica. Bastava che anche uno solo avesse tirato dall’altra parte e probabilmente i Pooh sarebbero finiti; probabilmente avremmo avuto una storia diversa, sicuramente non così straordinaria. Ai giovanissimi direi che l’unione fa la forza. Noi abbiamo incarnato il motto ‘tutti per uno, uno per tutti’ e non è un semplice modo di dire ma l’abbiamo messo in pratica; abbiamo messo in pratica lo spirito di gruppo: avere un’idea, che può essere straordinaria, portarla all’attenzione degli altri e, da quel momento, la tua idea è di tutti. Di tutti! E tu devi imparare ad accettarlo, perché, se non lo accetti, allora è meglio che fai il cantante solista. Sono tante alchimie che, nel tempo, siamo riusciti a mettere insieme all’interno del gruppo… potrei continuare a parlarne ancora per ore e forse non basterebbero. Noi siamo stati tutto questo; siamo riusciti a portare sul palco una storia straordinaria e a farla durare cinquant’anni. Poi una reunion, richiamando con noi gli amici Riccardo Fogli e Stefano D’Orazio, ed è accaduto il miracolo, veramente impensabile, che ci ha fatto capire quanto abbiamo seminato bene. Perché alla fine sono sempre i fatti che contano! La nostra reunion è stata la più grande gratificazione e un ‘grazie’ va sicuramente alle oltre seicentomila persone che sono venute a vedere i nostri concerti… a sentire la nostra storia, la nostra musica, con tutto quello che abbiamo saputo regalare negli anni.»

… E io un grazie lo dico a voi per tutto quello che mi avete e ci avete trasmesso. Ma, prima di salutarci, una battuta al volo: le donne vi conoscono, ragazzi… Fuori dalla metafora, che tipi siete?

Riccardo: «Siamo romantici, siamo padri di famiglia;» con un sorriso complice «abbiamo dei figlioli, dei nipoti. Nel nostro passato abbiamo conosciuto molte donne: eravamo un po’ come dei marinai, con una ragazza in ogni porto. E di questo non dobbiamo vergognarci…»

Roby: «… Però dobbiamo aggiungere – e parlo per esperienza – che le donne conoscono e sanno capire il proprio uomo. Probabilmente anche nelle pieghe più nascoste. Invece l’uomo, quando pensa o crede di aver conosciuto una donna, deve ricominciare da capo altre mille volte. E poi ancora altre mille.»

 

Gino Morabito

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