COLAPESCE, UN MUSICISTA LIBERO

Colapesce 01_musicaintornoÈ ormai calato il buio sul primo sabato di marzo quando raggiungo Colapesce nel backstage dello Spazio 211 di Torino, a poche ore dal suo concerto. Il cantautore siciliano è nel mezzo del tour di Infedele, terzo disco in carriera per la 42 Records, dal quale sono stati estratti i singoli Totale, Ti attraverso e più recentemente Sospesi, brano accompagnato da un videoclip con Valentina Lodovini.

Ci siamo confrontati sul suo lavoro di autore, sulla difficile definizione di “scena indie italiana” e sulla Infedele Orchestra, la backing band che lo sta accompagnando nel corso di questo fortunato tour invernale.

Partiamo da una curiosa considerazione che un tuo collega cantautore, ed amico, ha dichiarato in un’intervista: Andrea Poggio sostiene che non dobbiamo gridare al miracolo per il “successo recente della scena indie” italiana negli ultimi anni perché, a parte alcuni dischi coraggiosi (come il tuo Infedele), stiamo solo assistendo a band di estrazione indipendente che suonano pop piacione per finire in radio. La pensi anche tu come lui?

«Ha profondamente ragione. Si parla spesso degli artisti che ultimamente fanno successo come parte di una “scena indie”, ma è un nome appioppato a caso in modo erroneo. Gli artisti di cui si parla sulla stampa nazionale non fanno musica che è veramente indipendente, dal momento che ricordano al massimo la musica di Biagio Antonacci. Quando io parlo di indie ne faccio una questione quasi politica, per questo mi incazzo quando il termine viene utilizzato male. La musica indipendente viene dalle sale prova, da un’idea chiara e seria da proporre. Se il business e tutto ciò che sta intorno ad un artista influenza il modo di suonare, allora stiamo parlando di pop, o comunque di musica fortemente dipendente da molti fattori esterni.»

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Volendo fare dei nomi, chi in Italia fa musica con l’approccio serio e coraggioso di cui parli?

«Ci sono tantissimi artisti che apprezzo, potrei farti una lista infinita. Così come Andrea Poggio cita me, io cito lui, ma anche Iosonouncane (che ha collaborato alla produzione di Infedele, ndr), Alessandro Fiori, sia da solo, che con i Mariposa, gli Zu… L’ambiente underground è molto florido in Italia, ma la comunicazione pericolosa di questi ultimi due anni lo ha danneggiato: la percezione dell’indie è quella “cosa” sbagliata di cui parlavamo prima e di conseguenza i locali danno spazio solo ai tre/quattro nomi che assicurano sold out, pensando di proporre qualcosa di alternativo, e non ai numerosissimi artisti underground veri. E ciò non lo dico con amarezza, visto che io sto portando avanti un progetto che funziona e che in questo tour sta riempiendo teatri e spazi importanti. Ma il pericolo c’è: si sta togliendo spazio alla musica indipendente, che è sempre stata un anticorpo naturale per la cultura fin dai tempi della nascita del punk, del rap o del grunge americano degli anni ‘90, quello nato dal discorso radicale dei Fugazi e dell’etichetta Dischord. L’underground si ammazza se lo si chiama con un nome sbagliato, come stanno facendo giornali e siti. Un musicista libero compie scelte artistiche anche controproducenti, se viste nell’ottica di pubblico, carriera e guadagno, non si fa condizionare da agenti esterni: stasera a Torino oltre me suona anche John Cale, t’immagini se anche lui si fosse messo a suonare come Biagio Antonacci?»

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Racconti che Totale, uno dei brani di punta di Infedele, è nata da una sessione di scrittura della Sony e stava per essere “affidata” a Luca Carboni, prima che decidessi di tenerla per te ed inserirla nel disco. Come si sposa tutto ciò che hai detto finora col lavoro di autore per artisti mainstream? C’è un conflitto di interessi?

«Io sono un autore Sony, ho scritto anche per Raphael Gualazzi, che col mio singolo ha fatto un disco di platino (L’estate di John Wayne, ndr), così come per Annalisa e scriverò in futuro per alcuni rapper. Quando lavoro come un autore, faccio un lavoro da “artigiano” della musica: ci si riunisce e si scrive musica ad hoc per un determinato artista. Non è semplice perché richiede abilità musicale, capacità di scrittura e conoscenza del target di pubblico dell’artista per cui stai scrivendo, dal momento che un Ghali ha un pubblico diverso di quello di una cantante donna cinquantenne. Io conosco il linguaggio della musica, e non mi viene difficile da un punto di vista lavorativo ridurre il mio vocabolario e metterlo a disposizione con umiltà per artisti pop che vendono. Quello di prima non è un discorso riducibile a “il pop è merda e il resto è più figo”, non ne faccio una questione di parrocchie, ma solo di dare il nome giusto alle cose. Il pop c’è sempre stato dagli anni ‘50 e la mia non è una battaglia contro certi artisti, dal momento che “sono” il mio lavoro. Ma se dovrò scrivere per Emma, per esempio, utilizzerò un altro linguaggio rispetto a quello che adotto nel progetto Colapesce, che invece è e sarà sempre indipendente da logiche di promozione e da chi ti dice cosa scrivere, come suonare, o come vestirti.»

Veniamo al tour di Infedele. Come ti stai trovando con la squadra di musicisti che hai scelto per questa serie di concerti? Si respira un bel clima tra di voi qui nel backstage.

«I musicisti con cui suono in questo tour sono innanzitutto degli amici. Con alcuni di loro – come il sassofonista Gaetano Santoro, che conosco da vent’anni, o Mario Conte – ci lavoro già da tempo e hanno collaborato con me fin dalla produzione del disco. E poi c’è Adele Nigro, una ragazza che stimo e ritengo geniale, pur essendo giovanissima. L’ho cercata da molto tempo prima dell’inizio del tour, perché volevo suonare con lei a tutti i costi, nonostante ci abbia messo un po’ di prove per convincerla del tutto. È il fiore all’occhiello della band, e non posso che essere d’accordo con Rolling Stones quando la definisce la migliore musicista italiana del momento. Sono tutti bravissimi musicisti che han capito la mia intenzione di non puntare solo sulla musica in questo tour, ma anche sul fare un vero e proprio spettacolo.»

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Ed è un vero e proprio spettacolo è stato il concerto allo Spazio 211, nonostante il locale di Torino non fosse un teatro come tutte le altre venue che Colapesce ha riempito finora nel tour di Infedele. Dopo una breve introduzione, il concerto si apre con lo stesso brano che inaugura la tracklist del disco, la solenne Pantalica, a cui segue un’alternanza di singoli recenti e di brani più “datati”, estratti da Egomostro ed Un meraviglioso declino. Le vette più alte del concerto vengono raggiunte in particolare durante due momenti: la fantastica cover piano-voce di Segnali di vita, brano di Franco Battiato che rivela la notevole abilità di Colapesce nelle vesti di fischiatore, e la lunghe code strumentali in cui deragliano brani come Maometto a Milano, con sax geometrici alla St. Vincent e un coefficiente più alto di rumore elettrico e divertimento del pubblico. Nel caso fosse servita una consacrazione della musica di Colapesce, è ampiamente arrivata con questo album ed il conseguente tour, che lo collocano dalla parte di quelli che ci tengono a proporre qualcosa di coraggioso, in una valle di musica indipendente che punta sempre di più ad andare sul sicuro e rifugiarsi nel confortevole.

 

Stefano D. Ottavio

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