“CANZONI PER METÀ” FANNO L’UNICO, ORIGINALISSIMO DENTE

dente, promo, canzoni a meta, milano, ritrattiLo avevo già applaudito quest’estate al Teatro Greco di Tindari (ME), suggestiva tappa dell’Indiegeno Fest: la performance brillante di un cantautore che ha mattato il pubblico con padronanza del palco, indiscussa bravura e dissacrante ironia.

Bravo Dente, mi ero detto!

Poi, a distanza di pochi mesi, un album nuovo di zecca e un tour di presentazione delle sue “Canzoni per metà”… Quale occasione migliore per farci quattro chiacchiere?

dente02_musicaintornoEd eccoci qua a confrontarci con Giuseppe Peveri, cantautore dal personalissimo linguaggio dai tratti essenziali e ricercati.

Un one man Dente – mi verrebbe da dire – con uno stile riconducibile unicamente a sé stesso; un musicista con l’“anice in bocca”, rimasto tra i pochi coraggiosi artisti capaci di continuare a sperimentare, destrutturando la forma canzone, per proporci un progetto discografico “non codificato” ed elegante, frutto di un processo creativo durato 10 anni.

“Canzoni per metà”. Metà realtà, metà speranza… che i cantautori possano continuare a esprimere la propria arte, anche se ormai “non vendono più”?

«Beh, non è necessario vendere per esprimersi… Poi si sa che i dischi non vendono più, non è una novità. E non è nemmeno una polemica quella che ho fatto, quando ho scritto quella canzone, ma semplicemente un divertimento, una battuta.»

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Già dal titolo del tuo ultimo progetto una chiara dichiarazione d’intenti: da una parte brani dedicati alle “dolci metà”; dall’altra canzoni così brevi e dirette, che potrebbero sembrare incompiute… Qual è stata la scintilla?

«Questo è il disco che avevo in mente da tanto tempo, da 10 anni, perché scrivo canzoni di vario genere e ne scrivo anche di più particolari… Volevo fare un disco che mettesse insieme tutte quelle canzoni un po’ “matte”… molto brevi alcune, altre senza ritornello… Ecco – a mio avviso – dovevano essere messe tutte quante in un unico contenitore… Non c’è stata una scintilla unica, era da un po’ che ci stavo già ragionando… poi, quando ho raggiunto un numero consistente di canzoni da metterci dentro, ho registrato l’album.»

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Dente rimane tra i pochi coraggiosi artisti capaci di continuare a sperimentare, destrutturando la forma canzone, pur mantenendo intatta una solida identità pop. Giuseppe Peveri che ne dice?

«… Una solida identità pop… beh, non saprei se abbia mai avuto una solida identità pop… Ci siamo sfiorati. Il pop non è una cosa che mi turba; mi piace e non mi fa paura. Il pop è relativo. Ci sono canzoni che sono pop-olari, nel senso che le conoscono tutti, e che però non rispecchiano i canoni delle canzoni pop: “La collina dei ciliegi” di Battisti la conoscono tutti, poi la vai ad ascoltare e ti chiedi come mai la sappiano tutti… Canzoni che hanno delle strutture strane… Forse, una volta, c’era un po’ più di libertà nel fare queste cose e la gente ascoltava anche delle canzoni “non codificate”, e le radio le facevano sentire. Per “codificata” intendo dire la canzone un po’ più classica, che deve essere fatta in quel modo per passare alla radio.»

“Le canzoni sincere e ben fatte hanno una loro dignità, indipendentemente dal numero di strofe e ritornelli che contengono”. La visione della musica secondo Dente?

dente, promo, canzoni a meta, milano, ritratti«Sì, assolutamente! Ci sono canzoni che – in una strofa – hanno già detto tutto e sarebbe superfluo farcirle di cose inutili; per contro, ci sono canzoni che hanno bisogno di 10-15 minuti per esprimersi e va bene così! Non capisco la diffidenza nei confronti di mie canzoni, che hanno una durata e una struttura diverse dai canoni classici, quando nessuno invece ha mai detto ai Pink Floyd che le loro canzoni di 15 minuti non vanno bene…» ironizzando per amor di battuta. «Cerco di fare delle cose, non tanto fuori dai canoni, ma diverse da quelle che non mi piacciono; cerco di evitare di cadere nei cliché che non mi piacciono da ascoltatore… Il “deve essere così”, la canzone non deve superare quel minutaggio; deve avere un’introduzione strumentale, perché sopra ci possa parlare lo speaker radiofonico…

… lo fa diventare un mestiere che non mi piace.»

A proposito del si deve… Un testo disilluso, quello del nuovo estratto “Cosa devo fare”, in cui ci si imbatte nelle persone sbagliate con le risposte sbagliate. Nel tuo percorso umano e artistico, hai mai incrociato qualcuno che ti spiegasse cosa fare?

«Sì, e non l’ho mai ascoltato! Faccio molta fatica ad accettare i consigli, restando dell’idea di fare di testa mia: ascolto, certo, ma poi rielaboro sempre a modo mio… Quelle rare volte che mi sono fidato, avrei fatto bene a non farlo!»

Per il singolo “Curriculum”, invece, hai realizzato tredici diversi video in dodici ore, da mezzogiorno a mezzanotte, in una lunga maratona per le strade di Milano. Ci racconteresti l’aspetto “social” di quell’esperimento?

«Beh, c’è solo l’aspetto social! Non avevo mai fatto la diretta Facebook, e l’operazione che mi è piaciuta è stata quella di utilizzare uno strumento già esistente in modo diverso da come andrebbe usato, o comunque nel modo in cui non l’aveva fatto ancora nessuno… Presentare il nuovo singolo del disco nuovo attraverso una diretta; suonando e ascoltando il pezzo in diretta, invece di realizzare il solito videoclip, è stata un’operazione creativa al passo coi tempi. E posso affermare di essere stato il primo!»

Come spesso accade, tutto quello che hai detto potrebbe essere usato contro di te… “In caso di necessità, scaglia la prima pietra”. Contro chi o che cosa?

dente05_musicaintorno«Bella domanda! Ognuno la scaglia contro qualcuno o qualcosa di necessario. È una canzone aperta a molteplici interpretazioni, dove ognuno ha delle pietre da scagliare e delle proprie necessità contro cui scagliare delle pietre…»

… E la tua di necessità?

«Più che necessità, il desiderio di continuare a fare quello che mi piace nella vita. È la cosa più importante, che mi prefiggo, e la sento come necessità: sento la necessità di esprimermi da dentro, e nutro il desiderio di poter continuare a farlo.»

Il 4 giugno 2015, edite da Bompiani, escono le tue “Favole per bambini molto stanchi”. Meglio stanchi che annoiati?

«Sicuramente sì, perché la noia è brutta; la stanchezza invece è bella, in quanto vuol dire che hai fatto delle cose… Si è sempre stanchi per un motivo, invece a volte si è annoiati senza un perché. A volte, infine, si è annoiati ma non stanchi, ed è la situazione peggiore che possa capitare.»

 

 

Gino Morabito

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