BALLARE, BALLARE, BALLARE! MIXING FOR YOU GET FAR FARGETTA

Get Far 01_musicaintornoQuello che non gli ho raccontato è che anch’io all’inizio dei Nineties mi dilettavo di mixaggi “casalinghi” e avevo brevettato un modo tutto mio di tagliare e incollare il nastro delle cassettine, con discutibili jingle artigianali – certo – e una buona dose di creatività.

Emulavo, come migliaia di altri ragazzi, Fargetta e le prodezze alla consolle del Deejay Time.

Poi, per quegli inevitabili accadimenti della vita, Fargetta l’ho “incontrato”, anche se adesso si fa chiamare Get Far. La bravura e il talento sono rimasti immutati, come quella voglia di fare sul serio, non prendendosi mai troppo sul serio: un’intervista in occasione della pubblicazione del remix del brano “Caduto dalle stelle” del mio concittadino Mario Venuti. Parola d’ordine: ballare, ballare, ballare! Mixing for you Get Far Fargetta.

Get Far 02_musicaintornoIl tuo ultimo lavoro è la realizzazione di un remix del brano “Caduto dalle stelle” del mio concittadino Mario Venuti. Come nasce il remix by Get Far?

«Nasce volontariamente da me! “Ballare, ballare, ballare” era un chiaro riferimento alla dance, la battuta c’era e ho preso l’iniziativa di chiedere le voci, per cominciare a fare un tentativo di remix: del tipo “Fatemi lavorare e vediamo cosa esce”. Sono entrato in studio e ho individuato subito un sample da campionare, “La cassa batte, la cassa batte”, e ho iniziato a lavorare su quello.

Ho sviluppato la canzone, cercando di dare delle sonorità alla Coldplay, e alla fine siamo stati fortunati, perché è venuto fuori un lavoro molto carino, che poi anche Radio Deejay ha cominciato a trasmettere.»

Più in generale, è l’artista che propone? O Fargetta che dispone?

«Se hai un nome affermato, se sei un dj forte, arriva la richiesta da parte dell’etichetta discografica o dell’artista stesso; esistono delle collaborazioni anche tra dj: non fai tu il remix e poi io te lo rifaccio; può arrivare la richiesta anche da una major… Oggi va di moda fare i famosi mash-up, in cui si cerca di lavorare una canzone, magari intervallata con un drop molto più moderno; allora lì può venir fuori un’idea talmente bizzarra, che l’etichetta discografica prende l’iniziativa di dire: “Caspita, il pezzo è carino! Stampiamo!”. Diciamo che non esiste una regola fissa; in genere io ricevo molte più richieste di remix, rispetto all’eventualità di prendere io stesso l’iniziativa e realizzarlo, come ho fatto per Mario Venuti

Qualche volta ti è capitato di sentirti in diritto di dover dire: “No, grazie!”?

«Sì, perché la canzone proposta non era nella mia indole, non rientrava – per così dire – nei miei parametri musicali. Parliamo soprattutto di brani italiani; su quelli stranieri, invece, c’è sempre qualcosa da fare.»

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Get Far esiste dal 2006, prima c’era Fargetta, che nel lontano 1988 già si occupava del mixaggio musicale del Deejay Time e della Deejay Parade, i due programmi radiofonici di punta degli anni Novanta. Poi, dai primi di aprile 2012, hai lanciato il tuo nuovo radio show “We are massive radio show”. Come sono cambiati la radio e il modo di fare radio oggi?

«Il modo di fare radio non credo sia cambiato. Esiste sempre una regola principale già dagli albori, dai lontani anni Settanta, quando nascevano le prime radio libere: l’importante è cosa dici e come lo dici; la musica è ovviamente un colore, una cornice importante. Quanto al modo, non è cambiato nulla – dicevo; le radio sono molto migliorate a livello tecnico, i jingle sono più belli, le canzoni durano poco… è tutto molto più veloce. Ci sono radio che cercano di seguire una linea musicale e altre radio, invece, che si specializzano nell’intrattenimento. Ma, per fare intrattenimento, devi avere anche degli speaker che siano in grado di intrattenere il pubblico.»

Cos’è che oggi ti facilita il lavoro?

«Se ripenso, ad esempio, agli anni Ottanta, quando realizzavo la Deejay Parade con i nastri, i ritagli, i pezzettini di scotch… in modo, tra l’altro, davvero geniale – devo ammettere; oggi, invece, realizzo tutto con il computer, e anche abbastanza velocemente. Rimane comunque invariata tutta la creatività che ci metti dentro.»

Get Far 04_musicaintornoA causa dei crescenti impegni del progetto Get Far, dal settembre 2010 non lavori più a Radio Deejay, fino a quando il dicembre 2015 segna il tuo ritorno al fianco dell’amico Albertino. Negli anni cambiano le priorità? Un attacco di nostalgia? Il primo amore non si scorda mai? O cosa?

«In quel periodo lì la linea editoriale della radio aveva abbandonato la dance e, automaticamente, tutti quelli che realizzavano dance a Radio Deejay sono stati un po’ messi da parte: c’è stato chi è approdato a m2o; io invece sono riuscito a fare un altro anno con Albertino, poi ci siamo guardati in faccia e ci siamo detti che sarebbe stato meglio dividersi: “Mario, vai! Tanto qui le porte per te sono sempre aperte”.

Così mi misi a lavorare al progetto Get Far, realizzando le mie tracce, da “Shining star” a “The champions of the world”, da “Free” a “The radio”… Solo che, andando avanti, aumentavano le difficoltà, a livello discografico e di vendita, per tutti, e sottolineo per tutti! Se vuoi vendere, devi innanzitutto partire dal presupposto di dover realizzare una bellissima traccia; dopo aver realizzato una traccia davvero forte, devi fare in modo che qualcuno sappia che esiste e, per far sì che qualcuno sappia che esiste la tua traccia, devi investire. È tutto un circolo di investimenti, mettersi in luce e farsi notare in giro per il mondo. E ritengo, negli anni, di essermi costruito un nome anche all’estero… Poi mi richiamano Linus e Albertino: “Mario, devi tornare, abbiamo bisogno di te!”. Ed eccomi di nuovo a Deejay, con mio grande piacere e divertimento.»

Cos’è cambiato rispetto a prima?

«Anche se il programma non è lo stesso di 25 anni fa, Albertino è tornato a fare quello che gli è sempre piaciuto: trattare dance. All’epoca c’era molta dance e poco parlato, oggi invece c’è molto più parlato. Sono al suo fianco, riuscendo a dare al programma quel qualcosa in più, anche a livello tecnico; in regia c’è Shorty, ma tutto il contorno delle sigle, dei jingle, da sempre lo curo io. C’è un ambiente molto allegro, in cui lavoriamo con tanti anni di esperienza alle spalle. Certo, sono cambiati gli ascolti, i parametri radiofonici… ma, di base, se noi ci divertiamo, credo che quel divertimento riesca a passare anche in chi ci ascolta. Siamo tornati a fare quello che abbiamo sempre fatto!»

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È stato sottolineato l’aspetto della creatività: a febbraio 2013 nasce la Get Over Records. Com’è questa nuova carriera da manager?

«In linea di massima non è cambiato nulla rispetto a quello che già facevo prima. Oggi decido in funzione del materiale che arriva, che mi propongono: se darlo ad altre etichette, o stamparlo per la mia.»

Più soddisfazioni come dj o come producer?

«Come dj ho avuto e sto avendo (anche clamorosamente in questi ultimi anni), con il Deejay Time e la reunion con Albertino, Molella e Prezioso, delle grandissime soddisfazioni; la soddisfazione da producer, invece, non finisce mai, perché…

… sono sempre alla ricerca di quel qualcosa in più, per essere un nome ancora più affermato nel mondo. Questo è l’obiettivo che mi pongo dinanzi. Il tutto genera, poi, la carriera da dj, come un cane che si morde la coda.»

A proposito di affermazione personale, nel 2006 vieni premiato con il Leone d’Oro alla carriera per la musica e per la carriera radiofonica.

«Essere premiato per la carriera! Mi sono toccato le palle [ride]. Io spero che sia, e probabilmente è così, un attestato di benevolenza e di stima nei miei confronti: piuttosto di darlo a un altro, hanno preferito conferirlo a me.»

Restando in tema di carriera, qual è la tua “creazione” a cui ti senti più legato?

«Rimango sempre affezionato a “Music”, il secondo pezzo che ho fatto, e poi naturalmente a “Shining star”, il brano che mi ha dato il la per andare a suonare in giro per il mondo.»

Qual è un consiglio che, grazie all’esperienza acquisita sul campo, ti senti di poter dare a un ragazzo che voglia intraprendere la tu professione?

«Sembrerà una frase fatta, ma il consiglio è comunque quello di non mollare mai, avendo però alle spalle un profondo background di esperienza e conoscenza musicali. E soprattutto gli direi di chiedersi se ha una passione forte per fare questo lavoro. Perché quella non te la regala nessuno!»

 

 

Gino Morabito

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